Alcuni anni fa ho scritto insieme a Stefano Bonato, chitarrista sublime e compagno di viaggio, “Conflitto nel cuore”, uno spettacolo sulla Grande Guerra a cui sono particolarmente affezionato per diversi motivi: dalla genesi della storia avvenuta in una galleria scavata dentro una montagna, alle vicende commoventi che legano i personaggi, fino alla consapevolezza che anche oggi siamo in guerra. Una guerra più sottile, non fisica ma animica; una guerra il cui scopo è la conquista non di un territorio esterno ma della nostra Anima.
Tutto cominciò così: erano iniziate le celebrazioni per il centenario della Grande Guerra e io e Stefano ci sentimmo chiamati in causa, non fosse altro che per il fatto che siamo entrambi cresciuti a Vittorio Veneto.
Mi misi davanti a un foglio bianco ma, dopo diversi giorni, l’idea giusta non voleva arrivare; quel foglio restò bianco finché un giorno capii cosa mi mancava: i territori, i luoghi fisici che avevano visto quelle battaglie. E così cominciai a viaggiare: il Sacrario di Redipuglia, l’Isola dei Morti sul Piave, le 52 gallerie del Pasubio, fino al Monte Grappa. Stavo camminando sulle sue pendici quando un’apertura sulla roccia attirò la mia attenzione. Mi avvicinai e subito fui investito dal vento gelido che da lì usciva. Vento di guerra, pensai. Sì, perché quella era una delle innumerevoli gallerie scavate dai soldati durante il primo conflitto mondiale. Guardai le mie mani: tremavano. Ma oramai mi era ben chiaro ciò che dovevo fare.
Così presi un gran respiro ed entrai.
Ecco, non so spiegarlo meglio, ma io … li vidi. I soldati, intendo.
Che correvano affannati dentro quella galleria.
Oh, non li vidi con gli occhi fisici, ovviamente, ma con quelli interiori (quelli che usiamo la sera prima di addormentarci, quando “rivediamo” la giornata appena trascorsa).
Li vidi e li sentii. E fu in quel momento che mi vennero incontro gli spiriti di Vincenzo e Angelo, due ragazzi del ‘99 che sarebbero poi diventati due dei protagonisti di “Conflitto nel cuore”.
Io, io non ho fatto altro che seguirli dentro quella galleria (che a un certo punto sale quasi in verticale e lassù in alto lo vedi il filo di luce che arriva dal cielo), non ho fatto altro che ascoltare la storia che volevano raccontare a me e Stefano. Non so se sia una storia realmente accaduta, so però che sarebbe benissimo potuta accadere e che altre di molto simili sono avvenute.
Dal punto di vista narrativo, poi, durante la scrittura insieme a Stefano vennero fuori i personaggi di Nirva, la moglie di Vincenzo, presenza femminile fondamentale e di Matteo, che è un ragazzo che negli anni ‘80 deve fare la maturità e si trova costretto a incontrare Vincenzo, a venire cioè in contatto con gli eventi e il dolore della Grande Guerra.
Io ho imparato molto da tutti loro: da Angelo il coraggio e la lealtà, da Vincenzo la forza di andare avanti, da Nirva la poesia e la dolcezza e da Matteo la voglia di pedalare e lo sguardo sul presente.
Eh sì, perché questa storia mi ha svelato anche aspetti più strettamente legati all’attualità.
Mentre scrivevamo di Matteo, io e Stefano ci siamo resi conto che anche lui viveva una guerra, anche il suo territorio interiore era occupato.
Grazie al personaggio di Matteo ho compreso più a fondo la nostra situazione: oggi qui in Italia la guerra non è sparita, ha semplicemente cambiato forma e livello di realtà.
Una volta, infatti, essa era materiale e a quel livello agiva – le bombe erano bombe fisiche.
Oggi – almeno qui da noi – fortunatamente la guerra materiale non esiste più, ma ciò non significa che siamo in pace. No, la guerra c’è ma è più difficile da riconoscere perché si muove su un piano non visibile e adotta armi “sottili”. La guerra oggi sta avvenendo sul piano astrale, animico e il territorio che vuole conquistare non è un luogo fisico ma la nostra interiorità. E anche le armi utilizzate sono adatte al nuovo terreno di battaglia: pressioni psicologiche, forme-pensiero, atmosfera censorea, ecc.
E’ necessario lottare per liberare il nostro territorio interiore. Il punto è quale tipo di lotta adottare.
Se cadiamo nell’incantesimo dell’odio, perdiamo perché – è bene ricordarlo – il vero territorio di conquista è la nostra Anima e se odio io riempio la mia Anima di ombra: odiare, pertanto, è perdere.
Abbiamo invece due armi potentissime a nostra disposizione: la conoscenza consapevole e l’azione amorevole.
Conoscere è un passo fondamentale per comprendere le vere dinamiche in atto, per capire l’origine delle guerre, il loro vero obiettivo animico e, alla fine, per svelare la mèta spirituale di tutto questo: c’è Ombra, lì fuori e dentro di noi, affinché ci accorgiamo sempre più della Luce che possiamo essere.
E per nutrire questa Luce ecco la seconda grande arma: compiere gesti d’amore quotidiani. L’Amore, infatti, è una Forza imponente e questa Forza è ciò che ci serve da un lato per conoscere sempre più le dinamiche dell’Ombra e dall’altro per costruire sempre più un mondo nuovo in noi e attorno a noi.
Perché l’Ombra a questo serve: a farci accendere la Luce.
E questo, in fondo, Matteo, Vincenzo, Angelo e Nirva lo sapevano già. Come infatti racconta la loro storia e come Stefano ha riassunto in modo egregio, “le personali mancanze, che i personaggi della storia sentono colmate nel confronto con l’altro, offrono loro una nuova speranza, l’accesso a nuovi mondi laddove la vita sembra non aver più nessuna possibilità.”
Clicca qui per guardare il trailer di “Conflitto nel cuore”.
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